Quanti capi di abbigliamento abbiamo nei nostri armadi che non indossiamo mai? Che abbiamo comprato quella volta perché erano in saldo e in realtà neanche ci piacevano? Tanti, troppi. Consumiamo le nostre risorse economiche per sopperire a bisogni irreali, alimentando l’industria della fast fashion che, un capo alla volta, contribuisce alla distruzione del pianeta. Come rimediare? Assumendo consapevolezza e responsabilità verso i consumi: sostenibilità e baratto sono infatti due concetti che gironzolano a braccetto.
Cos’è uno Swap Party
“Swap”, dall’inglese scambio, baratto.
Uno swap party è un modo geniale e divertente per liberarsi di tutto ciò che – per i motivi più diversi – non si utilizza più, ma è ancora funzionale all’uso. In cambio dei beni messi a disposizione degli altri partecipanti, è possibile prendere e portarsi a casa i beni che gli altri partecipanti scartano ma che, invece, a noi potrebbero essere utili.
Si rende vita a beni perfettamente funzionanti: l’intento – oltre all’evidente e notevole risparmio economico dell'”acquisto gratuito” – è quello di portare i partecipanti a riflettere sugli acquisti. Ragionare sui bisogni reali e i bisogni indotti. Imparare che uno dei grandi problemi della società, che sta danneggiando gravemente il pianeta, è l’atteggiamento per cui tendiamo a trasformare in rifiuto qualsiasi oggetto che non sia più di nostro gradimento, nonostante funzioni ancora alla perfezione.
Lo scambio di beni allo swap party non è l’obbiettivo (seppur sia molto utile), per noi è stato uno strumento di sensibilizzazione al tema del riuso e del riutilizzo, in linea con i concetti di sostenibilità e baratto.
Sarebbe molto bello se, prendendo ispirazione, anche in altre realtà, altri gruppi di persone riproducessero questo modello: si può applicare a capi di abbigliamento, a oggi domestici, a qualsiasi tipo di bene. Ecco per noi come ha funzionato.
Sostenibilità e baratto: ecco cosa è successo sabato

Siamo un gruppo di sette amiche molto sensibili alla tutela dell’ambiente: tant’è che abbiamo costituito una associazione senza scopo di lucro per sensibilizzare le persone al rispetto dell’ambiente, anche tramite la responsabilizzazione ai consumi e ai temi di riuso e riutilizzo. L’associazione si chiama TerraLab e presto ne parlerò approfonditamente su questo blog. [Nel frattempo potete trovare il profilo su instagram @terralab_onlus].
Abbiamo organizzato questo primo evento in una abitazione spaziosa ma privata, pertanto il numero di partecipanti è stato limitato ad una ventina. Ognuna di noi è arrivata con valige e borsoni letteralmente colmi fino all’orlo di capi di abbigliamento inutilizzati. La regola di buon senso naturalmente è quella per cui i beni condivisi dovevano essere in buone condizioni.
L’intento iniziale dei partecipanti quello di liberarsi dei propri beni: è stato un ottimo spunto di riflessione l’appurare che molti capi scambiati avevano ancora attaccata l’etichetta di acquisto, a prova del fatto che spesso i nostri acquisti vengono fatti in maniera irragionevole, automatica ed un pochino – azzarderei – compulsiva, senza valutare effettivamente se un determinato bene ci serve per sopperire a un bisogno reale o se lo desideriamo per sopperire ad un bisogno fittizio (essere alla moda?). Questo automatismo, inoltre, è indice del fatto che non riflettiamo mai da dove viene un capo: chi lo ha prodotto? in che condizioni lavorative? con che materiali? i materiali sono stati ricavati nel rispetto dell’ambiente? Ricordiamoci che ogni volta che procediamo ad un acquisto stiamo esprimendo un voto poiché, implicitamente, tramite l’acquisto prestiamo il nostro consenso a tutte le politiche che dietro tale acquisto si nascondono.
Una campagna interessante che suggerisco di seguire in proposito è #WhoMadeMyClothes. Offre ottimi spunti di riflessione.
La mia valigia
Passiamo a dati concreti: sono arrivata con un trolley ed un borsone stracolmi di capi di abbigliamento. Alcuni non mi entravano più, altri non mi erano mai entrati (probabilmente erano stati acquistati nella speranza rivelatasi vana della diminuzione del giro vita o chissà che), altri li ho acquistati per specifiche occasioni e dopo averli indossati quell’unica volta nella vita sono rimasti immobili per anni nei miei armadi a fare nulla se non rubare spazio. Due valige piene. E, come me, anche tutte le altre ragazze. Di tutto ciò che ho portato, niente è tornato a casa con me.
Quello che invece mi sono portata a casa è stato:
* un paio di scarpe (ancora etichettate)
* una sciarpa
* una borsa (nuova)
* 5 maglioni (di cui tre di cashmere)
* un cappottino
* una giacca da montagna
* una giacca di tailleur
* un paio di pantaloni vintage meravigliosi
* tre vestitini eleganti + uno estivo
* una maglietta
Ho provato a fare il conto di quanti soldi avrei speso se fossi uscita, un pomeriggio qualunque, a comprare tutte queste cose. Già solo per il cappotto e i tre maglioncini di cashmere uniti alla giacca di tailleur sarei arrivata in un batter d’occhio almeno a 500€.
Quello che ho speso, invece, per liberarmi di vestiti inutilizzati da tempo e portarmi a casa cose che mi piacciono davvero, mi stanno bene e sono di buona qualità è stato esattamente ZERO EURO.
Inoltre, tutto ciò che non è stato scambiato (salvo che la partecipante non nutrisse desiderio di riportarlo a casa da scambiare al prossimo swap party) è stato raccolto in sacchettoni che – seppur al momento si trovano ancora all’interno del mio bagagliaio – verranno devoluti in beneficenza ad associazioni che si occupano di sopperire alle necessità di persone in stato di bisogno.
NULLA è andato sprecato: tutto ciò che nelle nostre case era li “a far niente” ha ritrovato un nuovo scopo.
Sostenibilità e baratto: come organizzare uno SWAP
E’ veramente semplice. Sono sufficienti
1) un posto
2) un giorno
3) delle amiche con vestiti da scambiare
Il nostro si è tenuto in una casa privata per cui abbiamo posto un limite ai partecipanti, se avete la fortuna di avere uno spazio più grande potete sicuramente allargarlo.
La nostra scelta è stata quella di gestirci in totale libertà, senza limiti di capi da poter portare o da eliminare, confidando nel rispetto e nella ragionevolezza delle partecipanti, qualora, ad esempio, uno stesso capo fosse interessato a più di una persona.
Abbiamo provveduto ad allestire una merenda per tutti.

Se non avete voglia di organizzare uno swap party, ma siete di Milano, tenetevi liberi a febbraio. Infatti ne stiamo organizzando un altro, ancora più in grande ! Per rimanere aggiornati vi consiglio di seguire @terralab_onlus su instagram oppure andare a sbirciare il nostro sito web. Mi raccomando, non buttate i vostri capi ! Devolveteli in beneficenza se non li usate più poiché sicuramente esiste qualcuno a cui potrebbero essere molto utili. In alternativa, se volete partecipare allo swap, conservateli con cura e a febbraio potrete scambiarli in maniera del tutto gratuita con altre persone.
Inoltre, elemento di grande importanza, questi eventi offrono la possibilità di conoscere persone con gli stessi interessi nell’ambito del rispetto e della tutela dell’ambiente: una meravigliosa occasione per creare nuove amicizie.
Sono piccoli gesti, eppure, pian piano, riusciremo a fare la differenza.