Plastic Bank è una società grazie alla quale i rifiuti plastici vengono monetizzati e reinseriti nel ciclo produttivo: i centri specializzati sono situati in aree povere del paese con un’alta concentrazione di rifiuti che adesso, al posto di rimanere rifiuti, possono essere raccolti e riciclati in cambio di denaro.

Perché e come è nata Plastic Bank

L’importante obbiettivo che si è posta questa azienda è quello di ripulire le aree più inquinate del pianeta da rifiuti plastici abbandonati, monetizzando gli stessi e trasformandoli in una merce di scambio per servizi come corsi di formazione, strumenti e attrezzi da lavoro o oggetti di uso comune, finanche all’utilizzo di energia elettrica: sostanzialmente tramite un semplice meccanismo di “ricompensa”, Plastic Bank si occupa di convertire i rifiuti in beni e servizi, basata su un tasso di scambio di circa 40 centesimi di dollaro al chilo.

I fondatori sono David Kants e Shaun Frankson: nel 2013 la start up Plastic Bank si è posta l’obbiettivo di rivalorizzare i rifiuti abbandonati trasformandoli in fonte di reddito per le famiglie meno agiate, svolgendo una funzione sociale da un lato, creando reddito, che ambientale dall’altro tutelando l’ambiente. Sul sito dell’azienda a questo link è possibile reperire tutte le informazioni nel dettaglio.

La sede è a Vancouver ed il meccanismo è il seguente: chiunque porti materiale plastico nei centri specializzati (che provvedono a riciclarlo oppure ad inviarlo ad altri centri di riciclo) riceve in cambio dei rifiuti abbandonati raccolti un riscontro in termini economici a mezzo di uno scambio di beni e merci.

Uno dei due fondatori, Katz, racconta di essersi reso conto durante i suoi viaggi che il problema dei rifiuti plastici abbandonati fosse molto più evidente e di impatto immediato, nelle aree del mondo più povere.
I primissimi progetti hanno avuto luogo in Perù e Colombia. Successivamente, dal 2015, sono partiti ad Haiti riscontrando un enorme successo e partecipazione da parte delle comunità locali. L’avviamento di questa iniziativa ha contribuito a risanare gran parte del territorio ormai devastata dai rifiuti plastici abbandonati.

Plastic Bank ha continuato ad evolversi e a crescere fino ad attivare, nel 2016, una collaborazione con grandi aziende tra cui IBM con l’obbiettivo di sviluppare piattaforme globali utilizzando Blockchain & Hyperledger Fabric per creare valute digitali. Questo è utile non solo per tenere traccia di quanto viene raccolto ma anche per fornire un portafoglio digitale per custodire e investire i guadagni.
I successivi centri di apertura sono stati individuati nelle Filippine ed in Indonesia per poi approdare in Brasile e Sudafrica.

Plastica in cambio di elettricità

Nei paesi in cui l’accesso alla corrente elettrica è ancora scarso, come ad Haiti, Plastic Bank ha sviluppato il ‘Solar Powered Recycling Markets’, ovvero un programma che prevede l’utilizzo di pannelli solari attraverso i quali i cittadini possono scambiare l’energia immagazzinata con elettricità  e wi-fi. In questo modo la popolazione ha la possibilità di scambiare rifiuti plastici abbandonati, contribuendo così alla pulizia del territorio, con corrente elettrica.

I traguardi di Plastic Bank

Questo progetto ha avuto l’intento di arginare un fenomeno dai numeri altissimi: le stime di diversi centri di ricerca tra cui la University of Georgia, della University of California a Santa Barbara e della Sea Education Association, ci parlano della produzione circa 8 miliardi e 300 milioni di tonnellate di plastica. Di questa cifra 6,3 miliardi sono diventati rifiuto la cui maggior parte è finito ad inquinare l’ambiente.

Questa iniziativa ha innescato un circolo virtuoso per cui il rifiuto non è più rifiuto ma torna ad essere una utile materia di scambio: è di vitale importanza la divulgazione di questo tipo di progetti in quanto sono la prova provata del fatto che è possibile rendere vita a beni che generalmente vengono considerati scarto di cui liberarsi.

La nostra economia lineare oggi, che si basa sulla catena produzione-cosnumo-rifiuto, non è più sostenibile. E’ necessario che da una economia lineare ci si converta quanto prima ad una economia circolare in cui il rifiuto torna ad essere una materia utilizzabile e reiseribile nei cicli produttivi oppure, in alternativa, che sia biodegradabile per tornare a fare parte dei cicli organici naturali.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *