Mi è capitato di approfondire recentemente il discorso sul minimalismo, fino a vedere il documentario The Minimalists, che mi ha letteralmente aperto un mondo. Informandomi sempre più accuratamente, mi sono resa conto del forte legame con la tutela dell’ambiente, oltre agli innumerevoli benefici su un piano psichico ed emotivo – sperimentati in prima persona, che ho dunque deciso di condividere sul blog.

La definizione che a mio avviso più si avvicina all’essenza del minimalismo è quella di una quotidiana scelta consapevole rispetto a cosa permettiamo di prendere posto all’interno delle nostre vite. Sostanzialmente il minimalismo si articola dunque in una assunzione di consapevolezza in relazione ai beni materiali, che ci permette di lasciare andare tutto ciò che è superfluo e non utile. Questo porta a dei cambiamenti inimmaginabili, al punto da domandarci – una volta raggiunta questa consapevolezza – come fosse possibile non essercene resi conto prima.

Minimalismo e ambiente

Il primo punto che mi preme affrontare è quello ambientale: ontologicamente il minimalismo si colloca agli antipodi del capitalismo: la grande piaga che affligge il pianeta. La società dell’usa-e-getta ci spinge ad acquistare compulsivamente beni materiali (facendoci percepire come essenziali dei bisogni che sono meramente indotti e quindi irreali) per poi trasformarli in obsoleti un istante dopo, spingendoci all’acquisto del bene successivo e trasformando in rifiuto quello precedente. Non c’è spazio per il ricollocamento del “bene obsoleto”. Una grandissima parte della produzione dei rifiuti della nostra epoca è proprio da ricondurre a questo meccanismo. Quindi, il primo vantaggio è quello di allontanarsi da questa inconsapevole schiavitù, riacquistando possesso consapevole e responsabile delle nostre scelte di acquirenti. La conseguenza diretta è la netta riduzione di produzione di materiale di scarto procapite.

Minimalismo e persona

Per la stesse ragioni appena menzionate, un’altra naturale conseguenza è quella di un notevole risparmio economico, evitando sperperi non necessari e restituendoci la possibilità di investire le nostre risorse (sia in termini economici che di tempo) in qualcosa di più valido: esperienze al posto di cose.
Senza contare l’enorme risparmio di tempo in pulizia, ad esempio: con meno cose si perde meno tempo a riordinare e pulire e si vive in un ambiente più salubre che apporta beneficio alla quotidianità.
Emotivamente, invece, il minimalismo inoltre ci insegna a lasciare andare (fisicamente e non solo) tutto quanto non ci è più utile ed è superfluo, ci insegna a liberarci dei pesi e delle zavorre che ci appesantiscono, creando spazio.

Attenzione a non cadere nell’errore di svegliarsi una mattina e buttare via tutto: questo comportamento non è assolutamente sostenibile oltre che irragionevole. Anche questo, come tutto nella vita, è un percorso il che comporta la necessità di procedere per gradi, un passo dopo l’altro.

Personalmente sono andata a zone della casa. Mi sono dedicata alla cucina un giorno, poi alla sala, al bagno e così via. Tutto ciò che ho deciso non avrebbe fatto più parte della mia vita è stato venduto (se possibile) altrimenti regalato ad amici e conoscenti che avrebbero potuto dare una nuova vita a quel determinato bene. Altrimenti, è stato conferito in beneficenza (soprattutto vestiti, lenzuola e coperte. Solo in ultima istanza, qualora le alternative precedenti non si fossero rivelate percorribili, il bene diventava rifiuto – con particolare attenzione ad un eventuale riciclo. Sarebbe molto irresponsabile riempire 10 sacchi neri e farli diventare spazzatura.

Consiglio vivamente a chi avesse interesse, di guardare il documentario: The Minimalists (ora su netflix). Potete anche dare un occhio al loro sito www.theminimalists.com.

Personalmente, questo approccio ha apportato molti benefici alla mia vita ed un cambio di prospettiva genuino che mi ha aiutato ad aprire gli occhi su molte (troppe) incoerenze della società in cui viviamo.
Provare per credere.

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