Gli sconti e le promozioni sono un modo che le aziende ed i commercianti impiegano al fine di implementare le proprie vendite: se da un lato tale prassi è ragionevole e finalizzata a far girare l’economia, ad oggi l’approccio ai consumi sembra sia sfuggito di mano: oltre a danneggiare l’ambiente, talvolta ha effetti importanti anche sulla sfera emotiva.

Consumismo

Come ogni anno il black friday è alle porte: grandi sconti per qualsiasi tipologia di bene fino a far letteralmente impazzire le persone. Non sono rare scene di risse ai confini nella realtà, registrate in grandi magazzini americani, dove la gente in preda alla più totale euforia arriva a mettersi le mani addosso per l’ultimo microonde a metà prezzo.
Se possa essere del tutto ragionevole, qualora si abbia la necessità di provvedere ad un acquisto generalmente dispendioso, attendere fino alla messa in saldo del bene, l’altro lato della medaglia è che la gente acquista compulsivamente qualsiasi bene, del quale probabilmente non ha neanche bisogno “solo perché è in saldo”. Quante volte è capitato anche a noi?

A fronte di questo fenomeno è interessante svolgere un’analisi partendo dalla distinzione tra bisogni “reali” e “indotti” al fine di ritrovare un’ormai smarrito senso della necessità.

Bisogni reali e bisogni indotti

I consumi sono un argomento complesso e dalle molteplici sfaccettature, è dunque utile procedere per gradi.
Il contesto sociale del momento storico in cui viviamo, è caratterizzato da un approccio ai consumi talvolta irragionevole: ormai facciamo molta fatica nel distinguere i nostri bisogni reali e quelli indotti, ovvero beni che seppur siano del tutto superflui siano (irrealmente) percepiti come indispensabili dal consumatore.

Sempre più spesso si vedono persone che si accampano fuori dai negozi la sera prima che esca il nuovo modello di una scarpa di marca per poterla avere subito oppure altri che si indebitano per acquistare l’ultimo e più avanguardistico modello di cellulare, nonostante probabilmente ne possiedano già uno funzionante: quasi come se non entrare in possesso di un suddetto bene ci declassasse da un punto di vista di valore umano.

L’approccio inconscio che si è sviluppato, grazie anche al brainwashing delle campagne di marketing aziendali, è del seguente tenore: “se possiedo determinati beni, valgo di più come persona”. Se ho un determinato oggetto o se sono più alla moda, posso sentirmi più uomo o più donna oppure faccio più bella figura. A parole è facile rendersi conto di quanto tutto questo risulti irragionevole, eppure a livello inconscio siamo tutti intrappolati, in un modo o nell’altro, in queste dinamiche.

Approfondendo l’argomento grazie a diversi scritti di Bauman sulla società liquida, ho iniziato a comprendere a fondo la distinzione tra bisogni reali e bisogni indotti: i bisogni reali sono le nostre vere necessità (si rompe il frigo, ne serve uno nuovo), i bisogni indotti sono tutti quelli che percepiamo come indispensabili seppur nell’arco di poco tempo si rivelino obsoleti e ci vedano “costretti” ad acquistare il bene successivo per non rimanere indietro ed essere quindi sempre al passo (come l’ultimo modello di iphone). Viviamo in una società che cerca di farci sentire inadeguati se non rispettiamo certi standard e questo consumismo – che ha fatto dell’approccio usa e getta il proprio leitmotiv – ha un impatto devastante sia sull’emotività umana che sull’ambiente.

Consumismo e ambiente

Da un lato, il fatto di porre i beni e gli oggetti al centro delle nostre esistenze come parametro di valore della persona, ci fa perdere d’occhio un sacco di altri aspetti, fondamentali, per cui a risentirne sono principalmente i rapporti umani: argomento importante e delicato su cui non mi dilungherò in questa sede.
D’altro canto, l’usa e getta è un approccio ai consumi in virtù del quale la produzione di rifiuti è aumentata in maniera esponenziale dall’epoca post industriale ad oggi e lo stato di elevato inquinamento sia atmosferico che dell’ecosistema marino e terrestre ne sono la tragica conferma.

Quando un bene non è più funzionale, si trasforma il rifiuto. Il riciclo non è la risposta adeguata: un materiale dopo alcuni ricicli si deteriora e diventa non più riciclabile, rendendo dunque i processi di riciclo un mero palliativo che si limita a posticipare la trasformazione di un bene in rifiuto. L’unica risposta ragionevole è dunque la rapida conversione ad una economia circolare per cui, già in fase di produzione di un bene, l’azienda si occupa di idearne lo smaltimento, che sia esso organico o a mezzo riutilizzo delle componenti. In questo blog sono stati molti i post condivisi di esempi virtuosi di economia circolare.

#whitemonday

Fortunatamente, sono sempre di più i movimenti che intendono sensibilizzare gli individui sollevando consapevolezza sull’importanza delle nostre scelte in qualità di consumatori. Un primo passo è sicuramente quello di re-imparare a distinguere i nostri bisogni reali da quelli indotti.

Una recente campagna è quella dello scorso 25 novembre, il “White Monday”, in totale antitesi rispetto al “Black Friday”: sul sito www.whitemonday.info si possono trovare tutte le informazioni relative alla campagna. Si tratta semplicemente di condividere sui propri profili social una foto con l’hashtag “#whitemonday”, astenersi da acquistare beni il giorno del “black friday” al fine di mandare un forte e chiaro messaggio politico e condividere contenuti relativi ad iniziative di economia circolare, seconda mano, affitto e riparazioni: tutte valide alternative ad acquisti che spesso non sono necessari.

Provando ad essere per un attimo onesti con noi stessi, quante volte abbiamo acquistato beni sull’onda di un irragionevole entusiasmo che poi siamo finiti con il non utilizzare mai? Non vi è mai capitato di trovare nell’armadio un vestito o un paio di scarpe mai usato con ancora l’etichetta? O un attrezzo da cucina acquistato grazie a qualche offerta che è rimasto immacolato come il giorno dell’acquisto?

Ciò che conta è iniziare ad assumere consapevolezza della realtà dei fatti: spesso percepiamo come necessari, senza fermarci troppo a riflettere, beni del tutto superflui. Investiamo le nostre risorse economiche in questi beni, senza che apportino alcun valore aggiunto alle nostre vite (salvo un impoverimento immotivato). Quante risorse di tempo e denaro potremmo investire altrove invece che in oggetti che finiscono troppo in fretta nel dimenticatoio? Il tempo con gli amici o la famiglia, un viaggio, una gita, una mostra, un corso: questo è ciò che aggiunge valore alle nostre esistenze, non gli oggetti.

Iniziare a diventarne consapevoli, è il primo passo verso il cambiamento: sia per la tutela dell’ambiente, che dei nostri portafogli che lasciamo depredare da una scritta “saldo” senza che vi sia la reale necessità di un acquisto.
Consiglio qualche lettura di Zygmunt Bauman (sociologo e filosofo polacco) sulla società liquida: offre molti interessanti spunti di riflessione sul tema.

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