Chi è Dalila Bagnuli
Dalila Bagnuli è un’attivista body positive e fat acceptance di 22 anni. Si definisce “una giovane donna grassa che quotidianamente si scontra con un mondo che impone un’ideale di bellezza in cui è necessario rientrare per essere considerati giusti”. In questo mondo, le donne subiscono una pressione estetica senza dubbio maggiore degli uomini.
Attraverso i propri canali social, Dalila racconta il proprio corpo “fuori luogo” rispetto alle copertine delle riviste, con l’intento di far sentire meno strane le persone che sentono il peso di non rientrare in determinati standard di immagine che venerano una perfezione irreale. Dalila si batte per l’uguaglianza sociale e di genere e per l’eliminazione del concetto di bellezza come valore aggiunto di una persona.
A lungo Dalila, come molte donne, ha coltivato una sorta di odio verso il proprio corpo a causa del mondo che costantemente ci ricorda di essere sbagliat*. Ci è voluto tempo e un trasferimento per l’università da La Spezia a Milano, la grande metropoli, per entrare sempre di più nel mondo della bodypositivity.
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L’attivismo di Dalila Bagnuli
E’ stato dal dolore e dal senso di inadeguatezza che Dalila ha iniziato a studiare e approfondire il tema, passando dalla body-positivity alla fatacceptance, in un movimento sociale e politico che tocca in maniera poliedrica moltissimi aspetti del nostro contesto sociale. Dalila inizia a raccontarsi, diventando una vera attivista e lasciando alle spalle la ragazza grassa che cerca, giorno dopo giorno, di sopravvivere in un mondo grassofobico, iniziando a far sentire la propria voce.
L’attivismo di Dalila intende ribaltare la narrazione dei corpi non conformi allo standard di bellezza attuale, mostrando il proprio corpo e associando a quest’immagine una didascalia netta e assertiva che esprime messaggi controcorrente. Si possono raccontare corpi anche con narrazioni diverse dalla ragazza immagine.
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Grassofobia, cosa significa?
Per grassofobia si intende l’odio e il disprezzo nei confronti del grasso e delle persone grasse. Si è grassofobici quando si considera il corpo grasso come un fallimento, ma anche quando si ha il terrore di ingrassare. Partiamo dal presupposto che siamo tutti grassofobici (Dalila stessa si include nella categoria) poiché abbiamo tutti assorbito e interiorizzato la cultura della dieta che ci spinge a ridurre al minimo le calorie dopo le feste, che ci consiglia diete matte e disperate per superare la “prova costume“. In un mondo in cui vige l’equazione magrezza = bellezza è logico supporre che, dunque, grassezza = bruttezza. E nessuno vuole essere considerato brutto in una società in cui la bellezza è un valore aggiunto della persona, spesso anche più importante dell’intelligenza.
Le donne sono le prime e principali vittime della grassofobia e della pressione estetica in generale e il motivo, seppur un po’ scontato, è molto semplice: si tratta della cultura del patriarcato.
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La bellezza delle donne
Dalila spiega come, secondo gli standard culturali del mondo occidentale, le donne devono bellezza al mondo: devono adornare la stanza, devono avere la bella presenza ai colloqui di lavoro, devono essere belle, intelligenti ma non troppo, sempre sorridenti e composte, magari anche brave in cucina e con i lavori domestici, ma non possono fare le mantenute, quindi devono anche lavorare e allo stesso tempo essere delle madri strepitose e super gioiose di creare, disegnare e giocare con i loro bimbi.
E tutto questo per compiacere lo sguardo di un mondo al maschile. Un esempio semplice lo troviamo nella rappresentazione in tv del ruolo di conduttrice: avete mai visto una conduttrice che sia socialmente ritenuta brutta? A me non ne viene in mente nessuna, eppure Maurizio Costanzo è un presentatore di grandissimo successo! Dove sono le nostre Maurizie?
Bad Fatty: cosa significa?
Dalila spiega come le ragazze grasse debbano seguire una sorta di manuale della ”brava cicciona” (good fatty) per essere sopportate (non dico accettate) dalla società: non possono indossare colori sgargianti, abiti attillati, tacchi alti, trucco pesante o appariscente. Devono sempre essere consapevoli che il loro corpo vada nascosto e che dovrebbero iniziare a ”correggerlo” per il berne comune. Ecco Bad Fatty è l’opposto.
Una Bad Fatty rivendica l’aggettivo ”grassa” e non lo usa come un insulto, si veste come vuole e non chiede scusa per il suo corpo. Per essere una Bad Fatty basta davvero poco, come infrangere una ”regola” della moda e indossare una maglia a righe orizzontali se ti piace, anche se hai una taglia superiore alla 46.

Attivismo per scardinare le sovrastrutture patriarcali
Il primo passo è senza dubbio iniziare un percorso di auto-coscienza e prendere consapevolezza oggettiva del corpo: smettere di seguire online i profili che ci fanno sentire inadeguate e con cui tendiamo a paragonare il nostro corpo in negativo. Smetterla di paragonare il nostro corpo con quello delle altre persone: non c’è nessuna gara, non si vince niente.
Il consiglio di Dalila è quello di fare un check dei nostri privilegi. Tutti i corpi subiscono una pressione estetica e questo è innegabile, ma ci sono corpi che subiscono una discriminazione sistemica, e in questo caso per esempio sono i corpi grassi.
“Purtroppo quando si parla di questi temi si ragiona per addizione: Sei un uomo magro? sei meno discriminato di una donna magra. Sei una donna magra? Sei comunque meno discriminata di una donna grassa. Sei una donna grassa? Sei comunque meno discriminata di una donna disabile. Sei una donna grassa e disabile? Sei comunque meno discriminata di una donna grassa, disabile, nera e trans. E così via.” prosegue Dalila.
Rendersi conto del proprio privilegio è una cosa fondamentale per mettersi in ascolto e poter aiutare le persone che subiscono una discriminazione sistemica.
E’ possibile seguire l’attivismo di Dalila sui suoi canali social, ricchi di contenuti stimolanti e spunti di riflessione: grazie per questo tempo, @dalila.bagnuli
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