Pare che l’Europa si sia decisa a prendere provvedimenti concreti in relazione al problema drammatico dell’inquinamento ambientale da plastica, in relazione al quale – finalmente – negli ultimi tempi è stata creata una doverosa consapevolezza, approvando una direttiva che vieta la produzione ed il consumo di alcuni prodotti di plastica monouso.

Il problema, come è noto, è riferito a tutte quelle plastiche monouso di cui quotidianamente – in maniera più o meno consapevole – facciamo uso. E’ importante soffermarsi a riflettere sul fatto che per un prodotto che nelle nostre mani dura pochi istanti – quale una bottiglietta di acqua, una cannuccia o l’imballaggio di un prodotto alimentare – l’ambiente (e quindi la nostra salute, per naturale conseguenza) è costretto a pagare un prezzo troppo alto.

Ricordiamoci che la plastica non si biodegrada poiché non esiste nessun batterio in grado di smaltirla, bensì si degrada ovvero si riduce (nel corso di decine e decine di anni) in pezzettini piccolissimi (le dannose microplastiche) che intrappolano le tossine presenti in mare rilasciandole nell’organismo dei pesci di cui ci nutriamo. Questo accade per una quantità pari a circa 150mila tonnellate di plastica che ogni anno finiscono in mare: provate a immaginare la quantità disastrosa di microplastiche contenute nelle acque del pianeta. L’ecosistema ha subito danni che rischiano di essere irreparabili se non si prendono provvedimenti seri e urgenti e le istituzioni Europee sembra che stiano iniziando a prendere provvedimenti.

La proposta è arrivata dall’eurodeputata belga Frédérique Ries, ed è stata approvata in via definitiva con 560 voti favorevoli, 35 contrari e 28 astensioni.

Uno dei principi su cui si basa questa normativa è quello per cui “chi inquina paga”, finalizzato a responsabilizzare i produttori che, in questo modo, sono chiamati a sostenere i costi della raccolta e dello smaltimento dei materiali da loro prodotti. Ciò riguarderà particolarmente l’industria del tabacco in quanto i filtri delle sigarette, vera piaga per l’ambiente, costituiscono il secondo prodotto monouso in plastica per consumo nell’Ue.

In un comunicato stampa della Commissione Europea del 19 dicembre 2018, a fronte dell’accordo raggiunto, è spiegato che le nuove misure permetteranno di realizzare molti altri benefici tra cui:

  • si eviterà l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2;
  • si scongiureranno danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di € entro il 2030;
  • si genereranno risparmi per i consumatori dell’ordine di 6,5 miliardi di €.

La direttiva viene inoltre integrata da altre misure volte alla tutela dell’ambiente marino come la direttiva relativa agli impianti portuali di raccolta: essa si occupa dei rifiuti delle navi e stabilisce misure finalizzate ad assicurare che questi rifiuti siano sempre riportati a terra, riciclati e trasformati nei porti.
La Commissione Europea ha inoltre avviato l'”alleanza circolare sulle materie plastiche“, dei principali portatori d’interessi dell’industria che coprono l’intera catena del valore della plastica. L’obiettivo è quello di migliorare la redditività e la qualità del riciclaggio delle materie plastiche in Europa.

Obbiettivi concreti per i prossimi anni

Un altro dei principi su cui si basa la direttiva è che i prodotti per cui esistono alternative ecosostenibili facilmente reperibili saranno completamente messi al bando. Per tutti quei prodotti in cui le alternative non sono così immediate da reperire ed elaborare sarà prevista una netta riduzione della produzione e del consumo, fino ad arrivare ad una eliminazione totale per gradi.

2021

Gli stati membri, entro tale data, dovranno vietare la vendita ed il consumo di prodotti di plastica monouso quali posate, piatti, cannucce, cottonfioc, misceltatori per bevande, bastoncini per palloncini. Oltre a sacchetti e imballaggi in plastica “oxo degradabile” (ovvero tutte quelle plastiche contenenti additivi che ne accelerano lo spezzettamento, ma comunque non sono biodegradabili) e contenitori in polistirolo espanso, tipici dei fast food.
L’unica eccezione è per i sacchetti di plastica ultraleggera utilizzati per funzioni igieniche.

2025

Per tutti quei prodotti in relazione ai quali non esistono ancora alternative ecosostenibili (o meglio, non sono ancora state elaborate) come ad esempio le scatole monouso per gli alimenti, le nazioni dovranno tagliarne la produzione del 25% entro il 2025. Altro grande obbiettivo per questa data è quello di arrivare a riciclare il 90% delle bottiglie in plastica. Inoltre il contenuto minimo di materiale riciclato dovrà arrivare almeno al 25%.
Entro questa data il 50% dei filtri in plastica delle sigarette dovrà essere ridotto.

2030

Almeno la metà degli attrezzi da pesca abbandonati in mare dovrà essere raccolta e il 15% dovrà essere riciclato: forse non tutti sanno che una lenza può durare in mare circa 600 anni prima di degradarsi (rimanendo comunque sotto forma di microplastiche nell’ecosistema poiché – ricordiamo – la plastica non si biodegrada mai).
Entro il 2030 dovrà arrivarsi ad una riduzione dell’80% dei filtri in plastica delle sigarette.

Come funzionano le direttive:

Il testo della direttiva è stato diffuso il 18 gennaio scorso, frutto di un accordo raggiunto il 19 dicembre 2018 a seguito di oltre 12 negoziati tra presidenza del Consiglio e Parlamento Europeo. Tutto quanto riportato finora rientra nella direttiva europea che è possibile approfondire a questo link.
Le direttive obbligano gli stati membri al conseguimento di un determinato risultato indicato nella normativa stessa, senza specificare le modalità di attuazione: l’importante è il raggiungimento dell’obbiettivo. Per questo ogni paese aderente ha il dovere di attivarsi per recepire la normativa all’interno del proprio ordinamento affinché l’obbiettivo indicato assuma concretezza conformandosi ai risultati previsti. Gli stati hanno tempo due anni per adeguarsi ed è necessario che si adoperino nella maniera più celere ed efficace possibile.

La società civile, che si è già mobilitata da tempo a dimostrazione che i cittadini avvertono questa esigenza in maniera impellente, sta facendo pressioni affinché il paese recepisca questa direttiva prendendo provvedimenti normativi, nella maniera più repentina possibile.

E’ condivisibile il punto di vista di Greenpeace la quale si dichiara solo parzialmente soddisfatta. Infatti, seppur il raggiungimento di questo accordo sia un importante segnale di presa in carico del problema da parte dell’Europa, la strada da percorrere per contrastare l’inquinamento è ancora lunga ed i tempi previsti nella direttiva ancora troppo dilatati rispetto alla drammaticità del problema dell’inquinamento che peggiora istante dopo istante. E’ necessario agire nella maniera più veloce e concreta possibile, per questo è fondamentale che ogni cittadino, nel proprio piccolo, contribuisca evitando, compatibilmente con le proprie necessità, l’utilizzo di qualsiasi prodotto di plastica monouso e la sostituzione con alternative ecosostenibili.

Proprio perché ognuno – soprattutto in situazioni di emergenza ambientale come quella che stiamo vivendo – fa davvero la differenza.

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